Usi Civici – la legislazione

LA LEGISLAZIONE 

Con la legge 1766 del 1927, integrata poi da diverse norme in tempi successivi, innanzitutto si cercò di fare chiarezza sulla proprietà dei terreni soggetti ad usi civici, distinguendoli tra quelli di proprietà collettiva, denominati demanio civico e quelli di privati dando la possibilità a questi ultimi di rimuovere i vincoli.
Se un privato possiede un terreno soggetto ad usi civici può chiederne la liquidazione, cioè trasformare la sua comproprietà che condivide con tutta la comunità, in un possesso esclusivo. I membri della collettività tuttavia si possono opporre provando che gli usi civici a cui il fondo è sottoposto non sono cessati prima del 1800.

Per provare l’esistenza degli usi civici gravanti su un bene immobile, non sono necessarie prove documentali, ci si può richiamare all’esercizio continuativo nel tempo di un certo diritto da parte della comunità.
La Regione si occupa della liquidazione di tali terreni; dapprima viene valutato in denaro il valore degli usi, ma la collettività beneficiaria ha a disposizione un periodo di trenta giorni per opporsi. In questo caso l’iter amminstrativo viene bloccato e la competenza a decidere passa al commissario liquidatore.
Qualora l’ente locale o il commissario ritengano che il privato possa liberare i suoi fondi dagli usi civici, si prospettano due soluzioni: il risarcimento alla comunità mediante il versamento di una somma che assume la forma di un canone per enfiteusi o lo scorporo.
Con questa opzione una parte del fondo diviene di proprietà collettiva, si trasforma cioè in demanio civico e su di essa possono continuare ad essere esercitati gli usi.
Le parti, cioè proprietario e membri della comunità possono far ricorso contro la decisione del commissario liquidatore presso la Corte d’Appello di Roma.
Gli usi civici di caccia e pesca su un determinato terreno non sono soggetti a liquidazione; il diritto di caccia si estingue in modo gratuito, mentre quello di pesca deve essere esercitato seguendo norme previste dall’apposito regolamento.
Se i fondi su cui si esercitano gli usi civici sono invece di proprietà pubblica (comune, provincia, regione, stato o collettività) e sono destinati a boschi e a pascoli, sono inalienabili secondo quanto stabilito dalla legge del 1985, devono essere valorizzati e quindi sottoposti a tutela del paesaggio, mentre quelli adatti alla coltivazione possono essere ceduti a privati.
Il problema che si presentò fin da subito fu quello di gestire questi terreni il cui godimento spettava all’intera collettività; si scelsero i comuni o enti nati appositamente, seguendo le direttive regionali per ciò che concerneva la loro destinazione, garantendo comunque a ognuno di godere in egual modo degli usi civici.

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